La giornata dell’ONU sulle disabilità tra approccio istituzionale e visione ideale.

Nel dicembre del 2006 venne approvata in seno all’ONU una Convenzione fortemente voluta dall’Italia che,per l’occasione, fece valere la propria potenza diplomatica nel consesso internazionale. Questo documento (che trovate di seguito in versione accessibile),

rappresenta un punto di partenza fondamentale per chiarire alcuni concetti base e, soprattutto, per ristabilire un livello di considerazione adeguata a quella che di fatto, come la definì Matteo Schianchi, risulta essere la terza nazione del mondo per numero di soggetti appartenenti a questa comunità assolutamente trasversale a livello globale. Per molti paesi, soprattutto in via di sviluppo o interessati da situazioni di conflitto, essa rappresenta la speranza concreta, se applicato con norme nazionali e politiche attive, di affrancamento di milioni di persone da stato di degrado ed esclusione sociale; tutto ciò nelle intenzioni dei promotori, visto che i paesi ad averla ratificata a livello globale sono solo una cinquantina e quelli che hanno provveduto con politiche adeguate molti di meno.

A distanza di tanti anni occorre però sottolineare alcune questioni. La convenzione, ratificata dal nostro Paese nel 2009 (con la legge che trovate Qui ) e dalla UE nel 2010, rappresenta la base normativa per tutti gli atti normativi che in ambito continentale e nazionale servono per la produzione di politiche efficaci. IL nostro paese partirebbe da un punto di vantaggio non indifferente, ovvero essersi dotata da tempi non sospetti della migliore legislazione in merito,anche se occorre una verifica e un riordino di tutte le leggi al fine di fornire strumenti efficaci alla stessa politica e all’intero corpo sociale.

Questa giornata delle persone con disabilità si apre in Italia con la presentazione, nei minuti mentre scrivo e pubblico questo post, dell’ennesimo rapporto dell’Istitutonazionale di Statistica alla presenza del Presidente Mattarella. Documento che, ne sono certo, racconterà lo stato di arretramento di un Paese che, se non fosse per il suo ruolo come sopra descritto,sarebbe al pari di altri in via di sviluppo o con una consapevolezza pubblica della popolazione disabile molto limitata. Potete leggerlo qui, per farvi la vostra idea.

Fatto che, in sostanza, non potremmo proprio permetterci. In queste righe, prima di venire al dunque, volevo sottolineare come dal punto di vista istituzionale,negli ultimi anni, è stata solo la Presidenza della Repubblica sul pezzo, come si direbbe in ambito giornalistico. Il presidente Sergio Mattarella è tornato di frequente sul tema della disabilità, sia in coincidenza di episodi di cronaca, sia per campagne mirate, sia periniziative dirette, come quelle tenutesi a Castel Porziano, residenza presidenziale aperta a specifici progetti di soggiorno e visita delle persone con Handicap di vario genere durante campi estivi. La sua presenza presso la sede ISTAT per la presentazione di questo annuarioè la riprova di una sensibilità, personale ed istituzionale, che emana palese dalla prima carica dello Stato. Ma per il resto, come è messo il paese? Una risposta verrà dal rapporto presentato oggi, sul quale ovviamente ritornerò.

Prima che vi descriva la personale visione ideale, dopo aver brevemente descritto nelle righe sopra l’approccio istituzionale, l’unico degno di un certo rilievo nella calma piatta delle istituzioni italiane, occorre brevemente sottolineare la solita differenza semantica, che non mi stancherò mai di ribadire, e alla base della comprensione di un fenomeno sociale, politico, economico e sanitario che riguarda una fetta consistente della popolazione italiana.

Le persone affette da un handicap,portatrici come si dice, hanno un problema fisico, sensoriale o psichico specifico, l’handicap appunto, il quale risulta una minorazione o menomazione che determina oggettive difficoltà durante lo sviluppo della persona umana. Io, ad esempio, sono cieco, con un Handicap visivo grave. La disabilità invece risulta essere, da definizione dell’Organizzazione mondiale della Sanità, il rapporto tra lo stato di handicap e l’ambiente circostante e il tessuto sociale, che ne determina appunto il grado di difficoltà a sviluppare correttamente la propria persona.

Detto questo e prima di concludere volevo lanciare un anatema vero e proprio, soprattutto ad operatori dell’informazione: inutile che cerchiate di ingannare l’opinione pubblica con il vostro atteggiamento, quello di chi cercadi misurare le parole con locuzioni di estrazione anglofona pernascondere le colpe di un peccato originale, ovvero il pietismo. Termini come Differenti abilità, in sostanza, li usate in altri contesti, perché vi sono abilità li dove vi sono le possibilità disvilupparle, quindi la questione esce dalla condizione personale e siriflette nell’assetto sociale, politico-istituzionale, economico e culturale. Tutto questo per dire che dal punto di vista istituzionale l’Italia si deve applicare nella piena realizzazione delle politiche di contesto come espresse nella legislazione nazionale, che già sarebbe tanto, trattandosi come detto di quella più avanzata al mondo; ma soprattutto di mirare alla piena applicazione dell’articolo 3 della costituzione, già spesso richiamato dal Presidente Mattarella, come baluardo di piena rispondenza delle intenzioni del nostro Paese e le effettive applicazioni di questi intenti.

Ad oggi l’art. 3 della Costituzione è il più disatteso, e non solo per ciò che riguarda le disabilità. Rileggetelo bene e da qui capirete che finché avremo rappresentanti istituzionali omofobi,discriminatori verso le donne e verso gli stranieri, verso i poveri egli emarginati, per le persone con handicap e la loro disabilità non c’è speranza. Sopratutto non c’è speranza di vivere ed integrarsi in un paese che si possa definire civile. Tutto questo mentre il resto del mondo,o per lo meno d’Europa, va avanti nei diritti, nella loro applicazione e nel favorire politiche reali di integrazione,inclusione e valorizzazione della risorsa umana rappresentata anche da donne ed uomini con handicap.

Se è vero che nessuno è l’handicap ola malattia che si porta dietro, se è vero che è l’ambiente circostante a doversi adattare, se è vero che siamo del tutto uguali di fronte alla legge e che è la Repubblica a dover rimuovere certi ostacoli, cari italiani dovete francamente migliorarvi. Ve lo dico anche perché tra inquinamento e altri fattori, l’handicap e la disabilità non sono condizioni esclusive di quei poveri ciechi o muti, ma una questione che può incidere sulla vita di tutti. Oggi lotto anche perché sia questa la nuova visione da adottare, nel privato come nel pubblico, affinché tra un nuovo approccio istituzionale e la visione ideale di un mondo migliore, a partire dalla piena applicazione dell’art. 3 della Costituzione, si possa aspirare ad un paese migliore anche, esoprattutto, dal punto di vista civile.

Questa è la mia visione di sardina antifascista. Che c’entra? Giusto per quello che occorre ricordare, che l’olocausto iniziò a discapito delle persone con handicap e disabili, in quel contesto sociale di omertà. Aspirare ad un mondo migliore e libero da pregiudizi verso le disabilità vuol dire anche scongiurare il ripetersi di orrori del passato, sforzo quanto mai oggi necessario, volendo osservare tra le righe l’involuzione dei nostri tessuti sociali, concentrati sul pregiudizio e sull’esclusione di stranieri, omosessuali, donne e disabili. Che vi piaccia o no, questa è la verità. All’Istat il compito di fotografare, a noi di agire.

NB: articolo scritto il 03-12-2019

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