Quali sacrifici hai fatto nella vita?

Unadomanda sicuramente molto interessante, proprio perché il sacrificio è commisurato spesso alla capacità di leggere la realtà e sé stessi con una certa obiettività. Non posso dire di certo di essere la persona più attiva o bendisposta al sacrificio del mondo, ma il modello proposto dalla mia cultura di origine è molto interessante, perché, se non ti dispone al sacrificio, per lo meno te lo introduce come “parametro esistenziale”.

Lemie origini si perdono in una famiglia contadina del sud più aspro e difficile, quello del Salento. Si tratta grossomodo di una propagine peninsulare del sud-est italiano, dove la terra si coltiva a fatica per via del paesaggio roccioso e, tendenzialmente, arso che la natura presenta. Le manovre secolari poste in essere dall’uomo per conquistare spazi coltivabili ha progressivamente modificato il paesaggio. Da aree boschive si è passati ad una progressiva bonifica delle aree paludose e al successivo impianto massivo di Ulivi, viti e tabacco. Lì dove la popolazione risultava particolarmente povera, nel quadrante a sud-ovest della regione (da Gallipoli fino a Leuca), gli ulivi in particolare hanno trovato la loro sede in terreni sassosi, non molto dissimili per difficoltà di gestione agli uliveti di collina del centro-sud Italia. Il clima siccitoso e caratterizzato da grandi masse di aria umida estiva, gergalmente parliamo di scirocco (in dialetto locale “faugno”), rende ancor più difficoltoso l’approccio alla coltivazione. Eppure nel Salento da almeno 3 secoli vi sono continue evoluzioni del sistema agrario e ci siamo ritrovati, decennio dopo decennio, ad essere il fulcro del commercio di olio lampante in tutt’Europa, a granaio del sud Puglia, area destinata a sostenere la guerra commerciale per i vini contro la Francia e centro della tabacchicoltura italiana. Se la crisi strutturale della viticoltura, poi ricalibrata verso le produzioni di qualità, si è risolta pacificamente, molti più danni ha causato la crisi cerealicola di inizio Novecento, la riconversione delle piantagioni di tabacco dagli anni Ottanta in poi e, ultima tra le grandi variabili, il virus della Xilella, che ha messo letteralmente in ginocchio un’intera economia agricola dell’intera area, andando oltremodo a scardinare l’identità locale, caratterizzata dalla pianta d’ulivo, una volta grandemente diffusa e ora dissipata ad elevatissime percentuali, che presentano un paesaggio ormai pre-desertico. Questo.è il contesto, a grandi linee, dove si iscrive la vocazione al sacrificio dei contadini di quella terra.

Per quanto riguarda la mia famiglia posso raccontare una storia di due contadini, i miei genitori appunto, che per estrazione sociale nel tessuto locale sono da sempre stati braccianti agricoli, l’ultima ruota del carro nella gerarchia lavorativa, ma le figure principali che hanno garantito prodotti agricoli di quelle terre sulle tavole di Italia e non solo, perchè materialmente impegnati ogni santo giorno dell’anno in attività nei campi o nei magazzini di trasformazione e lavorazione delle stesse produzioni agricole. Mio padre poi, persona un po’ all’antica (ci ritorno a breve), ha disdegnato per la sua lunga vita di contadino ogni forma di innovazione troppo sbilanciata verso il dimensionamento delle competenze di una saggia tradizione, quella contadina del sud appunto. Spesso l’ho visto centellinare l’acqua alle piante non per incuria, ma per poter loro peremettere di adattarsi ad un clima cangiante, che nella sua infinità sensibilità di umo della terra aveva intuito cambiamenti già dagli anni Ottanta del Novecento. Mia madre, più aperta e ben disposta verso le innovazioni, ha mantenuto per tutta la sua vita lavorativa un forte attaccamento alle tradizioni legate all’incidere del tempo e al calendario gregoriano.

Rimanerespesso piegato con il volto verso il terreno per tante ore al giorno ti dà una prospettiva che nessun altro lavoro ti restituisce, ti abitua a guardare le cose da vicino, nel concreto, per intuire ogni singolo parassita o percepire ogni minimo mutamento di vitalità, assecondare la siccità e misurare il grado di consumo di acqua dal clima, dialogare con il sole per conquistare angoli di ombra per quelle piante che la richiedono. Attendere con pazienza l’arrivo del freddo e sperare in un clima umido e piovoso, non disdegnando il caldo quando necessario. Insomma, avere pazienza e predisporsi al sacrificio come parametro di vita, per dare vita a quelle piante che avrebbero restituito vita alla loro giovane famiglia. Questo è per me il sacrificio, quell’elemento che se ben tollerato ti aiuta ad apprezzare di più e in ogni aspetto questo fantastico viaggio che è la nostra esistenza.

Lascia un commento

Previous Post

Quote of the week

"People ask me what I do in the winter when there's no baseball. I'll tell you what I do. I stare out the window and wait for spring."

~ Rogers Hornsby

Designed with WordPress